Passeggiata letteraria

[Torino]

Giovanni Arpino ha ambientato a Torino molti dei suoi romanzi: in questa passeggiata letteraria andremo a (ri)visitare alcuni luoghi simbolo della città attraverso le sue parole, percorrendo una sorta di confine verso la collina ed un’altra dimensione.


1] Mole Antonelliana
Si parte dal monumento simbolo della città, descritto nel romanzo Un’anima persa che narra l’estate della maturità per il diciassettenne Tino, ospite degli zii borghesi in una casa in collina che nasconde una stanza segreta. Il lento percorso attraverso le tappe degli esami viene contrapposto al precipitare di una notte in compagnia dello Zio Serafino, tra sale da gioco e rivelazioni sconvolgenti sulla sua doppia vita e sulla sindrome da Peter Pan:

  • “La punta aguzza della Mole Antonelliana sorgeva fitta di lampadine come la cima colorata di una remotissima trottola.”
  • “L’aria covava dolci filamenti di frescura, nella cupola di luce rosata sulla città lontana l’ago fiorito della Mole mi parve più nitido, quasi familiare.”

2] Piazza Vittorio Veneto
Piazza Vittorio Veneto, per i torinesi semplicemente Piazza Vittorio, è il centro geografico de La suora giovane. Antonio Mathis e Serena, un ragioniere quarantenne a cui “la vita è corsa via senza lasciare niente di vero ed una suora ventenne che “sta diritta, immobile, minuta, non aspetta il tram, aspetta lui.” la attraversano in tram nel tragitto verso il convento oltre il fiume o la percorrono a piedi verso l’abitazione di Via Po dove Serena presta servizio durante un lungo e silenzioso corteggiamento che porterà i protagonisti a stravolgere la loro esistenza preordinata:

  • “La città, oltre il fiume, splendeva vuota, e la piazza immensa era quasi bianca, sovrastata da file perfette di lampade. La stanchezza mi impediva di pensare, di dar retta a un’ombra qualunque, potevo appena lasciar correre l’occhio qua e là, dalla massa nera misteriosa che si piegava sul fiume, forse l’ombra del ponte, al preciso rettangolo della piazza chiusa tra i portici deserti.”

3] Murazzi
Da Piazza Vittorio si scende la rampa verso la riva destra del Po e ci si ritrova ai Murazzi: un luogo che di giorno quasi non esiste e la notte è stato per anni il centro della vita notturna della città. In Domingo il favoloso il protagonista Gramaglia Giacomo, nominato Domingo perché nato di domenica, vive di piccole e grandi truffe ma i suoi traffici vengono interrotti dal folle progetto di rapire Arianna, una zingara quindicenne e malata di cuore, segnando il passaggio verso una dimensione misteriosa. L’ambientazione non poteva che essere la ‘Torino magica’, “città di tre fiumi” e dei “diavoli che tentano”.

  • “Oltre la grande vetrata la collina fuggiva morbida, con rari spigoli di tetti nel verde. Il Po dormiva d’acque immobili.”
  • “I due giovani si appoggiavano alla spalletta del fiume, abbracciati nel sole. Il profilo nitido della collina, del Monte dei Cappuccini, parve confine del mondo. L’acqua buia, estatica del Po defluiva con pigrissimi brividi.”

4] Monte dei Cappuccini
La sagoma del Monte dei Cappuccini svetta sullo skyline della collina e ricorre tra le pagine di molti romanzi, come ne Il primo quarto di luna dove la routine del giovane tassista Saverio Piumatti, viene interrotta una mattina quando “un’ombra di losca malinconia” sul volto lo convince a non alzarsi mai più. Inizia così la sua parabola onirica, che lo porta ad abbandonare la strada segnata da altri per lui e a dirigersi verso un altro stile di vita. L’ambientazione torinese è appena tratteggiata con l’aggiunta di insoliti elementi navali:

  • “Erano appoggiati al muraglione che dava verso la gran buca degli orsi. Dalla collina scendevano verso il fiume aliti di ghiaccio. La prua del Monte dei Cappuccini pareva scheggia di cupo vascello contro il grigio del cielo.”

5] Ponte Vittorio Emanuele I
Il ponte Vittorio Emanuele I, meglio conosciuto come il ponte delle Gran Madre, segna una sorta di confine ed è un ottimo punto di osservazione verso il fiume Po ed il panorama della collina, ripreso in notturna con descrizioni poetiche e spettrali nel Passo d’addio la storia del rapporto tra un allievo ed un anziano maestro di matematica, Carlo Meroni e Giovanni Bertola. La sua fuga da casa con conseguente caccia all’uomo per le strade di Torino inducono i protagonisti ad interrogarsi sull’eutanasia e sulla visione del rapporto con gli anziani; sullo sfondo si possono riconoscere la Basilica di Superga ed i Murazzi:

  • “Il fiume non mandava il minimo fiato, la cupola di una chiesa lontana pareva galleggiare entro un alone di bambagia dorata.”
  • “Il parapetto lungo il fiume nascondeva le acque e pareva una rettilinea muraglia fortificata. Non lo costeggiava anima viva. Il profilo buio delle colline al di là del fiume alternava zone sinistre a presepi di minuscole luci ammiccanti.”

6] Ex zoo
Dopo aver attraversato il ponte, la nostra passeggiata si conclude con un percorso a piedi sul lungofiume (sponda sinistra) fino all’ex zoo, da dove ha inizio Il buio e il miele.  Un giovane militare è la voce narrante di questo romanzo con l’ingrato di accompagnare il capitano Fausto G. – trentanove anni e da nove ha perso gli occhi e una mano in un’esercitazione – in un viaggio di una settimana in treno da Torino a Napoli, passando per Genova e Roma.
Le città vengono dipinte come in acquerello: Torino è “un reticolo maculato come la pellicola d’un vecchio film”. Allo zoo Fausto inscena una memorabile sfida a distanza con il leone, facendolo provocare con una canna per riuscire a sentirne l’odore selvatico. Passando davanti ai resti delle gabbie sembra ancora di rivedere la scena:

  • “Diedi un calcio al parapetto di legno che ci separava dalle sbarre, provai ancora a sporgermi. Il leone accomodò le zampe posteriori con calcolata voluttà, la testa immobile, lo sguardo all’infinito.”

-] Montagne e collina
L’ambientazione torinese de Il fratello italiano [1980] viene affrescata con “gli alti palazzi, le fughe senza fine delle finestre tutte uguali per diecine di piani in spettrale geometria.”
Il fiume Po ha la funzione di dividere Occidente e Oriente, “i nasi sottili e tormentati delle Alpi” dal “profilo morbido della collina d’Oltrepò” mentre “un milione di lumi disegnavano la città in distanza”.

  • “Nel cielo di latte e cenere salivano i morsi ferrosi dei tram lungo i viali. Se quel cielo non avesse ricordato una sterminata padella capovolta, forse sarebbero apparsi, a occidente, i nasi sottili e tormentati delle Alpi, e ad oriente il profilo morbido della collina d’Oltrepò. Ma solo i grandi venti di marzo riuscivano a nettare gli orizzonti, quei venti così bizzarri e vorticosi che spazzavano la città di Torino con turbinii di foglie, di chiome, di sottane, limando abbaini e spigoli di palazzi, trasformando le nubi in bandiere, facendo rilucere le vene dei portici e gli occhi femminili, improvvisamente stretti e taglienti e accesi dalla febbre.”

L’itinerario ed il testo della passeggiata letteraria sono qui riportati integralmente, in versione stampabile.


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