Una nuvola d’ira

[1962]

Un triangolo amoroso tra Matteo, la moglie Sperata ed il giovane Angelo, coinvolti in una relazione che sfida le convenzioni sociali dell’epoca.

La militanza politica e la vita in fabbrica dei <<soldatini blu>>, delineati come una “fila sottile di uomini con la borsa in mano che percorreva di corsa, in silenzio, il marciapiede e raggiungeva la fermata del tram nel viale, uscita da un turno di notte”.

Siamo a Torino, la città dai “larghi viali che si incrociavano in angoli perfetti”, che perde il proprio aplomb durante le celebrazioni di Italia ‘61 e dell’Expo, in un illusorio luna park tra monorotaia e ovovia, giardini rocciosi e lago artificiale, cinema a 360 gradi e palazzi avveniristici.

Matteo è malato e dopo aver devastato l’appartamento e preso con sé il fucile fugge in moto verso le Langhe, come quegli animali che vanno a morire da soli; Angelo e Sperata partono alla sua disperata ricerca, in un viaggio finale dal destino segnato.

Su di loro aleggia quella nuvola del titolo che l’autore indicherà in una postfazione come liberamente tratto da un verso di Majakowskij: una nuvola che lo stesso Arpino invita ad accettare per poter capire un “romanziere in debito con la propria dose di bêtise”, come si autodefinisce.