Il primo quarto di luna

[1976]

Un giovane tassista “creatura abile con le parole”, la madre portinaia appassionata di tarocchi, lo zio Nino fervido conoscitore della biografia di Garibaldi ed il pappagallo Gioachino “costretto in un angolo che non è patria”.

La routine di Saverio Piumatti “tutte le notti in giro, se non è il turno è il vizio” viene interrotta una mattina quando “un’ombra di losca malinconia” sul volto lo convince a non alzarsi mai più.

Inizia così la sua parabola onirica, che lo porta ad abbandonare la strada segnata da altri per lui e a dirigersi verso un altro stile di vita, fino a ritrovarsi “nella curva dei mondi dove non esistono più leggi, solo idee.”

Nel suo percorso, Saverio dispensa il consiglio di non pensare più con la testa. “I pensieri devono scendere qui. Dove c’è più ordine. Dobbiamo essere creature che vivono ma sapendo di non esistere.” Lo accompagna Diana, una ragazza che “forse non è neanche nata”: con lei e con un passante cassintegrato, tra le gabbie dello zoo, tesse una memorabile dialogo sul mestiere di vivere.

L’ambientazione torinese è appena tratteggiata con l’aggiunta di insoliti elementi navali: nel centro della città “le geometrie dei palazzi lungo il viale parevano urtarsi come vascelli tra loro nemici”; guardando verso la collina, “la prua del Monte dei Cappuccini pareva scheggia di cupo vascello contro il grigio del cielo.”